Emofilia: l’alleanza terapeutica nasce dalla comunicazione

L’emofilia è una malattia rara del sangue che ha un rilevante impatto sulla vita del paziente, perché lo richiama, sin da bambino, a particolari attenzioni che possono influenzare in maniera considerevole anche la sua sfera sociale.

Dal 1996 la Federazione delle Associazioni Emofilici sostiene le persone affette da questa patologia e le loro famiglie nel percorso di cura e promuove attività di informazione e sensibilizzazione. FEDEMO è tra le associazioni di pazienti che hanno scelto di essere presenti su Plusimple per costruire una community attiva di supporto ai pazienti.

Siamo convinti che solo conoscendo l’esperienza reale del paziente si possa raggiungere quel modello di sanità moderna ed efficiente che Plusimple vuole supportare con i suoi strumenti. Per questo abbiamo chiesto direttamente a Daniele Preti, direttore esecutivo di FEDEMO, di raccontarci il punto di vista dei pazienti emofilici.

Quali sfide giornaliere si trova ad affrontare un paziente emofilico, sin da bambino?

“Le sfide per un paziente emofilico e in particolar modo per il paziente pediatrico si giocano su un duplice piano. Da una parte ci sono le difficoltà strettamente correlate all’aspetto clinico della propria malattia e alla cura. C’è la necessità di ricevere infusioni endovena più volte alla settimana, con le difficoltà del caso laddove si parli di bambini o di neonati in tenerissima età. Spesso il trattamento nei bambini richiede l’installazione di un catetere venoso centrale, di un port-a-cath o di una fistola artero-venosa. La presenza di inibitore complica ulteriormente il quadro, rendendo necessario aumentare la frequenza delle infusioni, peraltro con farmaci meno efficaci di quelli standard normalmente utilizzati per il contenimento delle emorragie. Dall’altra parte ci sono le difficoltà sul piano sociale. Specialmente negli anni che vanno fino all’adolescenza, possono presentarsi episodi di stigma sociale, dovuti alla scarsa conoscenza generale della malattia e al timore della stessa. Gli inserimenti scolastici rappresentano spesso momenti di criticità. A volte negli stessi ragazzi si possono presentare quadri di non accettazione della malattia. Occorre un lavoro impegnativo da parte dei ragazzi e della famiglia per poter superare queste sfide e, in alcuni casi, è necessario l’intervento di uno psicologo a supporto dei giovani pazienti e dei loro famigliari. In età adulta le difficoltà in ambito sociale tendono generalmente a ridursi, potendo peraltro sempre verificarsi in determinati momenti della propria vita, quali ad esempio l’inserimento lavorativo, oppure le relazioni interpersonali e sentimentali.”

Plusimple nasce con un approccio paziente centrico. Quanto la sanità italiana è vicina a questo obiettivo, dal punto di vista dei pazienti emofilici?

“Da un certo punto di vista tale modalità d’approccio è almeno parzialmente presente nella realtà dell’assistenza ai pazienti emofilici, favorita dal fatto che esistano Centri di cura specialistici ispirati (almeno sulla carta) al concetto di comprehensive care, in cui la persona-paziente è il fulcro del sistema. Da un altro lato però, anche nel caso dell’assistenza ai pazienti emofilici, talvolta è possibile riscontrare la consuetudine più generale e tipica del nostro sistema sanitario di considerare il paziente una “merce”, che una volta entrata nel sistema perde la propria autonomia decisionale, delegando di fatto in toto al professionista ogni decisione che riguardi la sua salute. Nel caso dell’emofilico molto dipende dal rapporto che si instaura col proprio medico ematologo, anche se va detto che, almeno per quanto riguarda il piano terapeutico, le scelte sono discusse e condivise ormai nella pressoché totalità dei casi, rispettando in tal modo il ruolo centrale del paziente.”

Quanto conta la qualità della comunicazione paziente-professionista nel trattamento dell’emofilia?

“È molto importante. L’emofilia è una malattia cronica che accompagna la persona per l’intero arco della propria vita. Il rapporto che si instaura tra il paziente e il proprio medico ematologo specialista in emofilia è molto stretto e dura a lungo, spesso per tutti gli anni di professione del medico. Un profondo rapporto di fiducia – in cui la qualità, la trasparenza e la puntualità delle comunicazioni che vengono date al paziente giocano un ruolo centrale – è condizione essenziale per un’efficace alleanza terapeutica tra le parti e per favorire la compliance del paziente alle terapie e alle modalità di trattamento.”