#iorestoincorsia: quanto rischiano gli operatori sanitari?

È nata proprio dagli operatori sanitari la campagna social #iorestoincorsia #turestaacasa. 

Li abbiamo visti con tute, guanti, mascherine e occhiali a scorrere nelle homepage dei nostri social network. Quasi tutti uguali, come se indossare la propria uniforme li rendesse uguali e il loro impegno comune. Gli unici sempre in prima linea in questa emergenza, pronti a correre in corsia, devono essere loro. 

Per noi che li guardiamo dagli schermi del cellulare o del computer c’è solo gratitudine e orgoglio. Tuttavia, a questi sentimenti vanno aggiunti anche il dolore e la rabbia per le condizioni in cui sono costretti a svolgere il loro lavoro. 

Ad oggi il numero dei medici deceduti a causa del virus si aggira attorno ai 70, supera i 10mila quello degli operatori sanitari che hanno contratto il Covid-19. 

Questi numeri muovono diverse riflessioni, la prima tra tutte riguarda la mancanza di strumenti adeguati negli ospedali per fronteggiare l’emergenza. 

La mancanza di mascherine, guanti e tute di protezione è stata più volte sottolineata dai presidenti degli albi professionali che sin da principio hanno assunto una posizione forte e chiara che ora diventa sempre più evidente a causa della tragica morte dei colleghi. 

“Gli operatori sanitari sono eroi, ma non martiri.”

“Si sta peggiorando l’attuale drammatica situazione, mandando in guerra medici e tutto il personale sanitario con le scarpe di cartone e senza elmetto. Non è tollerabile in un paese civile.”

Questa è stato il monito di Antonio Magi e Pierluigi Bartoletti, Presidente e Vice Presidente dell’Ordine provinciale di Roma dei Medici, a cui ogni giorno se ne aggiungono altri e non solo dal mondo della sanità. 

A questi appelli ora ha risposto il decreto #CuraItalia che ha previsto che i dispositivi 

di protezione debbano essere distribuiti prima ai medici e agli operatori sanitari e socio-sanitari. 

Una ulteriore riflessione su questo altro aspetto tragico dell’emergenza sanitaria che stiamo vivendo va fatta riguardo la condizione in cui hanno lavorato i medici di famiglia. 

Nelle prime settimane di diffusione del contagio, hanno continuato le visite in casa senza mascherina, guanti o alcun altro tipo di protezione. Il contatto con diversi pazienti ha amplificato poi il rischio di nuovi possibili contagi. 

Il medico di famiglia

La figura del medico di famiglia è fondamentale soprattutto perché è il primo filtro tra paziente affetto dal virus e il sistema sanitario.

Per questo motivo è indispensabile ripensare il ruolo della telemedicina durante il continuum assistenziale di ogni patologia: uno degli obiettivi che la sanità deve avere per i prossimi mesi e anni. 

#Iorestoacasa è l’indicazione che tutti dobbiamo seguire. Per ora e per le prossime settimane,  soprattutto quando abbiamo bisogno di contattare il nostro medico ricordiamoci che non è necessario andare in ambulatorio o cercare di raggiungere il pronto soccorso più vicino. 

In caso di sintomi o domande, è necessario restare a casa, non recarsi al pronto soccorso o negli studi medici ma contattare il proprio medico curante o la guardia medica. 

Per ogni regione, il numero verde è presente su questa pagina.

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In questo articolo il Dott. Franco Pieri del Nucleo di Cure Primarie di Forli ha riportato la Sua testimonianza. Nell’articolo spiega la loro quotidianità come medici di medicina generale. Inoltre evidenzia l’aiuto che hanno ricevuto da Plusimple in questo contesto difficile per comunicare con i loro pazienti.