Psicologia online e GDPR: come riorganizzare la propria professione?

Il 10 Ottobre è la giornata mondiale della salute mentale e per questo vogliamo accogliere sul nostro blog il contributo del dottor Massimo Agnoletti, psicologo delle implicazioni delle nuove tecnologie comunicative: una riflessione importante tra psicologia online e regolamento GDPR sulla privacy. Dottore di ricerca e specialista dello stress, ansia, depressione e Psicologia Positiva, il dottor Agnoletti si occupa da diversi anni di psicologia online ed è tra i professionisti presenti su Plusimple oltre ad essere responsabile dell’area “salute mentale” nella nostra community Psicologia Semplicemente.

L’emergenza covid19 ha rappresentato un’accelerazione improvvisa nella ridefinizione di quasi tutte le professioni secondo i paradigmi del digitale, dalla scuola alla pubblica amministrazione fino alla sanità.
Anche la psicologia ha accolto questo cambio di rotta e i trattamenti online si sono trasformati da possibilità a necessità per i professionisti del settore.
La velocità con cui è avvenuto questo cambio di passo ha però evidenziato la scarsa competenza digitale e soprattutto l’inadeguatezza dei server da un punto di vista deontologico. Molte piattaforme infatti non rispondono ai criteri richiesti dalla sanità soprattutto in tema di privacy e GDPR (Regolamento europeo per la protezione dei dati). Ci racconta, infatti il dottor Agnoletti come

tutti i cambiamenti prodotti dalla pandemia e una sicuramente bassa consapevolezza digitale da parte degli addetti ai lavori abbiano portato molti professionisti e colleghi a scelte professionali poco aderenti al codice deontologico e al GDPR

Nel suo curriculum, il dottor Agnoletti raccoglie esperienze internazionali: negli Stati Uniti collabora con la dottoressa Maheu e si è occupato appunto di redigere un documento per definire le linee guida sulla tele-psicologia americana. Paragonando la situazione degli Stati Uniti e contestualizzandola all’attuale pandemia sottolinea come sia importante da parte delle istituzioni creare dei regolamenti per i server della telemedicina e della tele-psicologia secondo le norme europee “non tanto per punire i comportamenti scorretti, ma per fornire soluzioni più pratiche, agevoli e sicure alla comunità di psicologi professionisti e quindi ai loro pazienti”.

La scelta di applicazioni open source, presenti nella nostra quotidianità sottovalutando le implicazioni deontologiche e legali è dettata sicuramente da motivazioni economiche ma anche da bassa consapevolezza delle dinamiche digitali.

La motivazione economica è il fattore che senza dubbio caratterizza maggiormente gli psicologi liberi professionisti che, con l’introduzione delle misure di contenimento della pandemia, hanno in generale registrato un abbassamento significativo delle loro prestazioni.

In più aggiunge: “il fattore della bassa competenza digitale occorre dire che particolarmente in Italia, rispetto altre nazioni, la tele-psicologia ha finora – o meglio fino all’attuale pandemia- registrato una minore attenzione probabilmente per una poco solida cultura generale riguardante la digitalizzazione. Anche in assenza di dati e riscontri statistici è assai irrealistico pensare che la popolazione di psicologi clinici, abbia acquisito le competenze di tele-psicologia in un tempo così ridotto – meno di un mese – nella quasi totale assenza, tra l’altro tuttora riscontrabile, di specifici corsi relativi queste particolari tematiche.”

Inoltre, ad oggi non esistono ancora corsi di formazione istituzionali e anche i privati sono pochissimi malgrado l’utilizzo di app e piattaforme per le videochiamate e teleconferenze sia assolutamente già comune ed esteso sia in ambito privato che professionale.

L’offerta di servizi psicologici online attraverso, ad esempio, piattaforme di videochiamata già molto popolari, non le rende automaticamente né rispettose del codice deontologico né del regolamento GDPR. Tutt’oggi se si incrociano le parole “videochiamata” o “videoconferenza” e “GDPR” in qualsiasi motore di ricerca compaiono pochissime aziende che offrono chiaramente l’informazione di soddisfare i criteri richiesti dal GDPR

Abbiamo chiesto quindi al nostro specialista: quale sarebbe quindi la migliore scelta per gli psicologi?
“La strada giusta da un punto di vista deontologico ed etico è quella di utilizzare strumenti in cui sono specificate tutte le implicazioni e le responsabilità da assumere da parte del professionista e del paziente.
Per avviare queste decisioni è necessario far crescere una cultura digitale tecnologica ma anche legale e deontologica all’interno della comunità degli psicologi per ridurre rischi che possano verificarsi a causa dell’uso poco professionale del trattamento dei dati dei pazienti.”

Il dottor Agnoletti ha scelto Plusimple per la sua professione perché lo strumento migliore per seguire i propri pazienti e tutelare la privacy di entrambe le parti.